Medici e pseudo-medici

Come sempre capita a chi ha figli, sentire storie che riguardano un bambino, storie di morte, soprattutto quelle che potevano essere evitate, fa soffrire.
E ieri sentire al TG che un bimbo di 7 anni è morto per un'otite non curata con antibiotico mi ha fatto davvero male.
Io e Marco ci siamo guardati increduli.
Nostro figlio ha 5 anni, è stato vaccinato contro tutte le malattie per le quali è stato possibile proteggerlo, così come viene seguito puntualmente dalla sua bravissima pediatra ogni volta che è chiaro che il nostro solo intervento non può bastare.
So bene che ci sono medici, in particolare pediatri, che al primo segno di gola arrossata o tosse prescrivono antibiotici, come fossero un toccasana per qualunque piccolo o grande disturbo.
La pediatra di due miei nipotini prescrive antibiotici come fossero noccioline, anche solo sentendo la mamma per telefono, senza visitare i piccoli pazienti! E quei due sono sempre malati! Mai un aerosol, una tachipirina, no, subito antibiotico!
E' chiara la totale assenza di attenzione da parte del medico e, probabilmente, il desiderio di tutelarsi fino all'eccesso da eventuali reclami.
Ma quei genitori si ritrovano a vedere i loro bimbi sempre più provati e a dover consultare un pediatra a pagamento che, puntualmente, vieta l'uso dell'antibiotico e riparte con le terapie standard, dando la possibilità al sistema immunitario di reagire un po'...
La pediatra di Luca, per le affezioni dell'apparato respiratorio, ci consiglia sempre di provare con l'aerosol (anche cortisonico) e con la tachipirina, prescrivendoci l'antibiotico solo nei casi strettamente necessari e in ultima istanza. A volte ce lo prescrive raccomandandoci però di farne uso solo, per esempio, se la febbre non cala dopo qualche giorno.
Quindi non si può dire che siamo dei fanatici dell'antibiotico facile, penso ci si possa definire equilibrati rispetto al rapporto con medici e medicinali.
Ma quando ci vuole ci vuole! E per un'otite ci vuole di sicuro!
Come sempre non è da escludere che la notizia sia stata mal riportata o strumentalizzata, può darsi che ci fossero validi motivi per cui è stata preferita l'omeopatia alla medicina tradizionale, può darsi che l'infezione fosse di diversa natura e comunque letale.
Non lo so e non intendo sputare sentenze.
Dico solo che proteggere i nostri bambini è importante, è una nostra responsabilità e, in quel campo, non ci può essere spazio per l'improvvisazione o le credulonerie.
Con la salute dei nostri figli dobbiamo essere seri, puntuali, obiettivi. Dobbiamo affidarci a medici validi, dobbiamo poter avere fiducia in loro, dobbiamo comunque essere sempre vigili e correre al pronto soccorso se abbiamo sentore che ce ne sia bisogno.
Certe nuove credenze o filosofie possiamo lasciarle da parte, applicarle a noi stessi ma non ai bimbi.  E' per questo che mio figlio mangia carne anche se io non lo faccio da 27 anni, è per questo che non gli chiedo di sopportare dolore o malessere e che intervengo con ogni mezzo a disposizione (medicine comprese) per farlo stare bene, è per questo che l'abbiamo fatto vaccinare.
Le brutte cose accadono e le brutte malattie uccidono, anche senza che andiamo a cercarcela col lanternino negando loro le cure adeguate.
Basta cazzate. Vacciniamoli, curiamoli, proteggiamoli.

Facebook & co.

Facebook, Internet, Rete, Sociale
A cosa serve avere 500 amici se poi blocchi i post di un buon 60% di questi?
All'inizio credo che mi facesse piacere vedere quel numero crescere, soprattutto perché non ero io a fare richieste d'amicizia (l'orgoglio se la godeva!).
Ora è tutto diverso. Ho già ripulito di tutti quei contatti che, mi pare, non erano collegati a persone che conoscevo direttamente.
Ma, fatto questo, non sono andata molto oltre.
Una volta si accetta l'amicizia perché tale persona è del tuo stesso paese (e parliamo di un paesino di 1000 anime scarse!!!) e non vuoi certo essere additata come quella snob che finge di non conoscerti o che non ti vuole annoverare tra le sue amicizie!
Un'altra volta la accetti perché tale persona è un tuo collega o comunque uno dell'ambiente di lavoro e ti ha individuato e incastrato!
Un'altra volta perché è tuo parente ed ha avuto l'amicizia di tutti i tuoi fratelli tranne che la tua!
A volte perché ti servono compagni per giocare a Township!
E poi ti ritrovi la bacheca sommersa da post insulsi, noiosi, banali e, sempre più spesso, con contenuti offensivi, irrispettosi, razzisti, omofobi, sessisti, violenti.
Controllo raramente il mio profilo, è diventato quasi un peso. Ogni volta ci vuole mezz'ora per ripulire e bloccare i post di certa gente senza che se ne accorgano, senza negar loro un'amicizia non amicizia.
Dovrei essere più coraggiosa, ma a volte preferisco far così che non rispondere a tono (cosa che a volte è comunque inevitabile per la rabbia che certi post suscitano!) o cancellarli dai contatti.
Del resto anch'io mi sono permessa di inviare post a tutti quando si è trattato di fare campagna elettorale (non cito le altre occasioni in cui l'ho fatto perché il fine era solidaristico e allora non mi sentivo invadente) o cose simili, e so quanto possa essere fastidioso ricevere certi post che cozzano con le tue visioni del mondo, con i tuoi ideali, con le tue passioni. Soprattutto quando chi te li posta sa benissimo come la pensi e quanto sia inutile farti venire il malumore con quei messaggi!
Ma almeno non ho mai scritto cose blasfeme o irrispettose nei confronti di altre persone o categorie di persone. Non potrei mai.
La libertà di opinione va tutelata e riconosciuta a tutti, ok, ma comincio a pensare che forse certe persone dovrebbero limitarsi ai commenti da bar, senza trasferirli su un social, senza metterli per iscritto in modo indelebile.
E la cosa più sconvolgente è che certe schifezze non le scrivono le persone meno istruite o più disagiate o prive di riferimenti familiari e sociali validi. No, le cose peggiori sono proprio scritte da persone che appaiono assolutamente adeguate, socialmente integrate, economicamente serene, con genitori che certamente non hanno educato all'odio e alla mancanza di rispetto.
I giovani, certi giovani, quando non parlano di calcio o cose simili, scrivono e pubblicano banalità, spesso scopiazzate, o esprimono pseudo pensieri che vorrei non potessero neanche sfiorare le loro menti al giorno d'oggi.
Siamo nel 2017 e l'apertura mentale di un buon 50% di ragazzi tra i 15 e i 25 anni è pari a quella di un anziano dell'800, e forse quell'anziano era già molto più avanti di loro!
Non si deve fare di tutta l'erba un fascio, ci sono anche giovani che ammiro, stimo e con i quali il confronto, anche quando ci si scontra, è davvero stimolante e costruttivo.
E poi è vero anche (o soprattutto) che sono i miei coetanei a dare il peggio di sé, con l'alibi improbabile di difendere i diritti dei propri figli, fingendo di essere solidali con chi ha bisogno ma ricordando che la propria persona e la propria famiglia vengono sempre prima degli ALTRI, intendendo per altri soprattutto gli stranieri.
Sono già stanca di rispondere alle cazzate che dicono, li depenno pian piano e mi limito a controbattere solo di persona, quando lo scontro è diretto, chiaro, più probabilmente efficace.
Io scrivo quel che mi pare in questo blog, è vero, ma non c'è nessuno che si ritrovi le mie elucubrazioni mentali sulla sua bacheca!
Chi vuol leggere può farlo, tanto qui sono in pochi ad arrivarci...ed io non gli spiano certo la strada!

Quale mondo per questi figli

E' successo ancora, un kamikaze che si fa saltare in aria e la vita di una ventina di ragazzini, in attesa della loro popstar preferita, finisce in un soffio, portandosi via, probabilmente, anche quella dei loro genitori disperati.
Ormai il primo pensiero va a mio figlio ogni volta che succedono fatti di questo genere.
C'è il dolore per la tragedia di quelle famiglie ma c'è soprattutto la comprensione e il terrore perché so che cose simili accadranno ancora e che potrebbero riguardare noi la prossima volta.
Nessuno è immune, non c'è una vera strategia per difendersi o proteggere i propri figli, se non quella di chiudersi in casa e rinunciare a vivere o impedire loro di vivere.
Il mio bambino ha solo 5 anni, cerca di capire cosa succede ma, alla fine, tutto quello che vuole sentire è che certe cose non si verificano nel nostro paese, nei dintorni della nostra casa, nei posti che frequentiamo. Ed è così piccolo che è giusto possa crederci.
Ma chi ha le risposte ormai? Nessuno è al sicuro e, anche se penso che qui in Sardegna il rischio sia davvero irrisorio, la nostra casa è il mondo ormai, lo sarà soprattutto per quelli come mio figlio, giovani, potenzialmente viaggiatori, studenti o lavoratori in paesi sempre più lontani.
Che razza di mondo dovrà affrontare questo bellissimo tenero bambino tra qualche anno?! Che razza di inferno conosceranno tutti i bambini di oggi? E parlo dei nostri bambini, ancora protetti, ignari, ancora liberi di giocare, sperare, credere che il mondo sia un bel posto, che in altri posti l'infanzia l'hanno già perduta, buttata via da adulti spietati e da politiche cieche.
Probabilmente salterà fuori che l'attentatore era un cittadino inglese, poco importa. Ciò che conta è che ancora una volta sarà alimentata la paura e l'odio verso chi è diverso da noi. Qualcuno ne approfitterà ma, anche senza che i politici strumentalizzino l'accaduto, sarà la gente comune a rafforzare in sé la convinzione che proteggersi è una priorità, che dobbiamo difenderci e non accogliere, che tutti quelli che arrivano dall'esterno sono potenzialmente pericolosi e, perciò, vanno tenuto fuori.
Con che diritto lo facciamo? Con che diritto cerchiamo di impedire a chi cerca una via di fuga o salvezza, o anche solo a chi cerca una vita migliore, di entrare nel nostro paese o nella nostra Europa, di giocarsi una possibilità di riscatto, forse l'unica.
Se io fossi siriana e avessi un figlio sarei certamente fuggita; se io fossi anche solo lontanamente a rischio bombardamenti, ritorsioni, torture, arresti, violenze; se io non avessi un pezzo di pane per sfamare il mio bambino, sarei disposta a tutto per raggiungere un posto migliore, uno in cui dare una speranza alla mia famiglia, uno in cui, persino quando si sta male e si è poveri, comunque non si muore di fame. Uno in cui una possibilità esiste sempre.
Lo so che in Italia i poveri ci sono, lo so che esistono ancora i senzatetto, anzi, che il loro numero è in crescita. Lo so che anche di freddo si può morire quando non si ha un rifugio caldo in cui dormire. Ma sono certa che non è a queste persone che si pensa quando si fanno discorsi del tipo: "prima bisognerebbe pensare agli italiani, prima bisognerebbe aiutare le nostre famiglie bisognose, quelle che stanno patendo le conseguenze della crisi economica, quelli che hanno perso il lavoro, quelli che non lo trovano"...e così via.
Se si esclude quella importante e vitale quota di persone che si impegnano nel volontariato o che finanziano progetti e interventi piccoli o grandi che sostengano le fasce deboli di popolazione, tutto il resto degli italiani ha iniziato ben prima di questa così detta "ondata migratoria" a protestare per le risorse che, a sentir loro, vengono sempre destinate alle categorie di persone sbagliate.
Prima erano i Rom, gli sfaticati che chiedono l'elemosina per strada, i meridionali, i disoccupati sempre meridionali, gli assegnatari di case popolari chiunque essi siano, quelli che dicono di essere poveri ma non si vestono e non si comportano come tali.
L'invidia, l'egoismo, la sfiducia nelle istituzioni e nel prossimo, la tendenza a volere il male del prossimo se non si ottiene il bene proprio, queste sono storture che ci appartengono, che forse esistono da sempre, che non sono in alcun modo temperate neanche quando apparentemente l'Italia si mostra nella sua veste migliore, quella solidale e attiva di fronte a disastri naturali o storie commoventi.
Dentro alberga sempre l'egoismo e la convinzione che, se ci manca qualcosa, sicuramente qualcun altro, con dolo e in modo scorretto, ce l'ha portata via.
In questo paese nessuna graduatoria, nessuna procedura di scelta, nessun ordine di priorità vengono considerati validi, corretti, condivisibili se non ricomprendono noi stessi. Si dice che è tutto manovrato, che è un imbroglio, senza preoccuparsi neppure di ragionare prima di aprir bocca.
E' una vecchia abitudine e deriva dal fatto che, ogni volta che ce ne danno l'occasione, cerchiamo di prevaricare il prossimo e ottenere anche ciò che non ci spetta o non ci occorre.
E' così che molte famiglie educano i propri bambini, magari portandoli poi a messa la domenica o facendogli credere che a far la prima comunione e dire due preghiere la sera ci si lavi la coscienza.
Come al solito ho divagato, magari ho esagerato un po' con lo stereotipo dell'italiano ma, purtroppo, non ne sono convinta. Conosco persone splendide, che sono splendide con me, con la famiglia, con gli amici, con il vicino di casa, con l'avventore che chiede aiuto. Ma sono le stesse persone, lo so bene, che la pensano esattamente come ho detto sopra, che educano i propri figli a essere "splendidi" solo in superficie, che per proteggerli ritengono sia giusto impedire una vita migliore ad altri figli che non sono i loro.
Molte volte non sono neanche coscienti di essere così. Chissà, magari io stessa non so chi sono e mi illudo soltanto di insegnare a mio figlio che tutti hanno diritto di provarci, di migliorarsi, di cercare un posto per essere felici.

shopping terapeutico vs risparmio ossessivo

Due giorni fa, nel bel mezzo di una domenica assolata di inizio estate (lo so che non è ancora arrivata ma qui ormai ci siamo in pieno!), mi sono presa un paio di ore libere.
Buono Tagliandi Sconto Denaro Carrello DelLibere dai miei uomini (Big, come il mio preferito in Sex and the city, e Little come...non lo so come chi, ma è piccolo, quindi lo chiamerò così), libere anche da un'amica indagatrice e da tutti gli altri amici che non fanno che ricordarmi che sono sparita, che non faccio, né posso fare, le cose che facevo prima insieme a loro.
Ma non avevo voglia di star sola, cosa che mi sta bene a casa ma non quando desidero uscire.
Quindi ho chiamato la mia cara mamma e, mentre quei due uscivano per andare al parco giochi insieme ad altri amici con figli al seguito, mi preparavo per un pomeriggio di shopping e chiacchiere.
Sono passata a prenderla alle 17.00, vestita comoda (i miei jeans elasticizzati e le Palladium sono l'ideale per queste occasioni) e con trucco leggero, per portarla un po' in giro in città.
Lei non esce spesso, non senza un fine utilitaristico preciso come fare la spesa o andare dal parrucchiere. Lei e mio padre non hanno una vita sociale, se si esclude quella che si realizza durante qualche fine settimana in paese, per le feste o altre occasioni. Qui non amano uscire, non vanno a cena fuori, non frequentano persone al di fuori dei figli e dei parenti stretti.
Ma a lei credo non dispiacerebbe fare cose diverse, anche se lo nega e si dice soddisfatta così.
Comunque sono rare le volte che accetta di uscire con me, ma questa era una di quelle.
Probabilmente l'averle proposto di passare a prenderla con l'auto ha giocato a mio favore, perché usare i trasporti pubblici, che io prediligo, non rientra fra le sue modalità di movimento preferite.
Ma noi viviamo in periferia, quindi in qualche modo bisogna pur spostarsi per arrivare in zone dove il giro dei negozi duri un po' più del quarto d'ora che quelli locali possono garantirci!
Bisogna andare in centro se camminare non è l'unico scopo della passeggiata. E per me non lo è. Io odio tornare a mani vuote, potrà essere pure una cosa da niente ma devo tornare a casa con una busta e qualcosa da rimirare.
E quindi centro sia! Parcheggio custodito per evitare di girare a vuoto, perché odio fare manovre con qualcuno appiccicato dietro che alla fine suona il clacson per spronarmi ad accelerare i tempi, senza rendersi conto che così fa solo saltare i nervi e che ci metto il doppio a posizionarmi nel modo giusto!
Due euro valgono bene la serenità che regala chiudere l'auto e allontanarsi a piedi senza pensieri e senza stress.
Ed ecco che la nostra bella città si presenta in tutta la sua vivacità e in tutta la sua luce...se per vivacità intendiamo l'affollamento delle strade e per luce quella solare!
E' solo una piccola città ma a me piace davvero. E tutta un saliscendi di viuzze dai palazzetti antichi, ora anche in gran parte rimessi a nuovo, con lastricati e scalette e angolini un po' nascosti che è davvero un piacere camminare, guardarsi intorno, respirare odore di mare e di vacanza anche quando le vacanze sono lontane.
La prendo a braccetto, che anche se è antiestetico è veramente il modo più comodo per camminare insieme, e la passeggiata ha inizio.
Lei guarda le vetrine ma si mostra sempre poco interessata, del resto è vero che è proprio una difficile da accontentare. E' capace di farti girare per una settimana intera prima di trovare una maglietta che si avvicini anche solo lontanamente a quella che lei ha in testa, e che puntualmente non sa descrivere. E' vero anche che i soldi che maneggia sono pochi, lei fa la casalinga e la nonna, solo occasionalmente fa dei lavoretti, nel senso che magari assiste qualche anziano ma sempre nell'ambito familiare. Il non disporre di risorse sue, personali, non derivanti dalla pensione di mio padre, di sicuro le pesa e le dispiace. E la spinge anche a restringere al minimo gli acquisti, a selezionare e a scegliere con cura ogni capo che acquista.
Io, al contrario, tendo a comprare quel che mi piace, se costa poco e se sono certa di poterlo indossare senza stiratura! Non amo i capi firmati o di valore, quelli che ti devi preoccupare se la temperatura della lavatrice ti finisce sui 60° invece che sui 30°, quelli che ti fanno piangere se finisci per bucarli accidentalmente con la sigaretta!
A me piace avere l'armadio pieno, avere più opzioni la mattina, senza dover correr dietro a lavatrici e panni stesi, senza correre il rischio di non trovar nulla di pulito che mi ispiri in quel preciso momento. Vesto in modo semplice ma pur sempre secondo l'umore, l'occasione e, perché no, la depilazione più o meno trascurata. 
Non sono troppo convinta che nel vestire spendere di più significhi spendere meglio, vedo che alcuni capi pagati una miseria sono ancora integri dopo tanti anni di utilizzo, per cui punto più sulla quantità e la varietà. E poi mi piace fare il cambio armadio, ogni tanto, senza troppe remore, cosa che non può fare a cuor leggero chi, senza esser ricco, acquista capi più costosi.
E così scelgo i negozi più accessibili, e anche e soprattutto quelli in cui non siano presenti commesse troppo solerti nel servire, chiedere, tallonare il cliente.
Io amo essere lasciata in pace. Io amo fare da me.
Io amo portare in cassa un po' di roba, rigorosamente non provata, ed uscire soddisfatta rinviando il piacere o il dispiacere a quando rientro a casa. La prova del fuoco si fa davanti al mio specchio e se non va bene pazienza! Si regala a qualcuno che potrà gradire.
Mamma invece prova e riprova, porta tanti capi in camerino e di solito, critica com'è nei confronti di se stessa, e forse anche del mondo, fa arrivare in cassa solo un decimo di ciò che così accuratamente ha studiato allo specchio, tirando un po' di qua e un po' di là.
E riesce pure a stressarsi nel far questo! Io invece trovo che fare acquisti sia una delle cose più rilassanti del mondo, quando non sono acquisiti obbligati e destinati a occasioni formali come i matrimoni o simili.
Il valore che diamo al denaro è diverso, lo so. E anche se sono stata educata a non sprecare nulla, cosa da cui discende forse anche la mia passione per il risparmio e per l'occasione, io ho trovato un equilibrio tutto mio, che mi consente di sentirmi "felice" spendendo anche poco ma comprando sempre qualcosa come fossero coccole, piccole grandi concessioni.
Non metto a rischio il portafoglio familiare e nel contempo mi concedo un po' di leggerezza.
Dopo un'ora e mezza io giravo con 4 buste diverse (ma non piene) mentre lei ancora cercava la sua "maglietta ideale", così indefinibile e, a quanto pare, non ancora creata da nessuno!
Verso le 20.15 ci siamo arrese e finalmente ci siamo sedute in un baretto, tavolino all'aperto, a ristorarci un po' con aperitivo e salatini e una sigaretta come ciliegina sulla torta. In realtà lei ha chiesto un'aranciata, ma l'importante era stare lì, insieme, rilassate, a chiacchierare un po'. Ogni tanto riusciamo a farlo e per me è importante.
Siamo così diverse, e di certo  non posso confidarmi con lei se si tratta della mia vita sentimentale, è pur sempre una mamma di quelle vere, che vorrebbe proteggerti da tutto e che vorrebbe credere nella coincidenza tra quel che sono e quello che lei vorrebbe che fossi.
Ma, dopotutto, il non dover affrontare con lei i miei errori e i miei mancati sensi di colpa è confortante, mi fa sentire bene, in pace. Lei non sa, non chiede e non mi giudica.
Io ho un caratteraccio, con lei poi mi lascio andare fin troppo e a volte esagero, sbotto, non mi sforzo di comprenderla ed essere paziente, di sostenerla anche quando penso che si preoccupi troppo per cose che non vale proprio la pena, di essere affettuosa e farle sentire la mia vicinanza.  Le voglio un bene infinito, eppure di rado riesco a manifestarlo come vorrei, quasi mai. Del resto lei stessa non è  espansiva e "fisica" nel rapporto con me e con tutti i suoi figli. Forse lo era quando eravamo bambini ma poi no, non ci ha insegnato a coccolarci e a parlare dei nostri sentimenti. Nessuno l'ha insegnato a lei, credo, e ora siamo tutti adulti, è troppo tardi, e le coccole sono rimaste solo per i nipotini.
Per noi ci sono altre coccole, che si esprimono con la cucina, con la disponibilità di tempo e cure per i piccoli, con la pazienza garantita anche quando siamo sgarbati o chiediamo più di quel che dovremmo. E con questi momenti di complicità, che sembrano superficiali ma che ci fanno sentire vicine.
E allora si parla delle sue sorelle, delle novità sui suoi vicini di casa, di mio padre che finge di star bene perché non gli si dica di andare dal medico, di mille altre cose importanti e no. E' solo parlare, chiacchierare, fare la figlia e sentirsi al sicuro.
Dovremmo farlo più spesso.


Neuroni impazziti ai tempi del corona virus

Che dire, sto per perdere la bussola, come tutti. Convivenza continua, incessante e forzata con marito e figlio, mentre la nostalgia di un ...